Scienziati si diventa: la terza missione dell'Università



Tradizionalmente, l'Università ha avuto due missioni fondamentali: creare nuova conoscenza, attraverso la Ricerca, e tramandarla, tramite la Didattica.

Oggi, invece, le cose sono radicalmente cambiate e a questi due compiti si affianca una terza missione, ritenuta ormai fondamentale in un mondo sempre più tecnologico e complesso.

Questa terza missione, che è entrata con questo nome nei documenti europei a partire dal 2000, è la disseminazione della conoscenza scientifica a beneficio della società nel suo complesso.

Verso la Terza Missione: il Public Understanding of Science

Nonostante sia un'introduzione piuttosto recente, già dagli anni sessanta si era iniziato a parlare della responsabilità etica e sociale che le Università hanno nei confronti della cittadinanza. La popolazione, è stato man mano riconosciuto, ha il diritto di sapere verso quali obiettivi è diretta la ricerca scientifica, in che modo potrebbe influire sulla società o, più banalmente, per cosa vengono spesi i soldi dei finanziamenti, pubblici e privati, a essa destinati.

I primi passi ufficiali nel concretizzare questo nuovo approccio sono stati fatti nel 1985, quando la Royal Society ha pubblicato un primo testo di fondamentale importanza nella definizione della Terza Missione e, in generale, di cosa vuol dire fare comunicazione della scienza.

Il rapporto, in modo molto esplicito intitolato "The Public Understanding of Science", sottolineava come una maggiore comprensione della scienza e dei suoi metodi sia un elemento cruciale per aumentare la prosperità di una nazione. È anche importantissima nel processo decisionale, sia pubblico che privato, e in generale nel rendere più ricca la vita degli individui.

Secondo gli autori, poichè la nostra società è altamente tecnologica e dipende da un'industria fortemente science-based, non conoscere i principi secondo cui la scienza si muove è impensabile e non può che portare a un indebolimento dell'industria, prima, e dell'intera società, poi. Politici, dirigenti e cittadini devono quindi possedere una cultura scientifica di base e la scienza deve entrare nel dibattito pubblico.

Un'ulteriore sezione era dedicata alla comunicazione e gestione del rischio e dell'incertezza, elementi indispensabili per i policy maker.

Per arrivare a questo obiettivo educativo, gli autori hanno chiamato in causa principalmente le scuole, in cui la scienza e il metodo scientifico vanno insegnati da subito, e i media, che devono incrementare la copertura di notizie scientifiche e rapportarsi in modo costruttivo e sinergico con gli scienziati.

Per molti versi The Public Understanding of Science è un testo che si basa ancora fortemente su una visione top-down della comunicazione scientifica, in cui un attore "sapiente" - la comunità scientifica - è incaricato di educare l'altro che va quindi alfabetizzato, con delle regole abbastanza precise che indichino cosa vuol dire alfabetizzazione scientifica e in che modo la scuola e le università debbano educare i cittadini.

Tuttavia, pur con i suoi limiti, è stato un grande passo in avanti nella consapevolezza che il mondo accademico e la comunità scientifica non potevano rimanere confinati nella proverbiale torre d'avorio, ma iniziare a dialogare con la comunità di cui fanno parte. Ha posto, inoltre, l'accento sull'importanza che la scienza riveste nella società e su come questa debba essere presente nel dibattito pubblico perchè indispensabile per vivere nel mondo moderno.

La terza missione dell'Università oggi

Il concetto di comunicare la ricerca non solo ai propri pari - gli altri ricercatori - ma anche ad altri agenti della società, si è evoluto ed è enormemente maturato dagli anni ottanta a oggi.

Non solo, in molti casi, è differente l'approccio che scienziati e media hanno assunto nei confronti della comunicazione della scienza, superando il modello top-down e arrivando a una più inclusiva forma di dialogo fra istituzioni scientifiche e cittadini, ma si è anche avuta una normativizzazione del fenomeno.

A partire dai primi anni 2000, infatti, prima nell'Unione Europea e poi in Italia, è stato introdotto il concetto di Terza Missione dell'Università come lo conosciamo oggi, assieme a un metodo valutare gli atenei anche in base a criteri che mettono al centro la comunicazione scientifica. Nel nostro paese è l'Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) che si occupa di valutare l'impatto sociale delle università e degli istituti di ricerca, attraverso criteri ben definiti che vanno a incidere sulla quantità dei finanziamenti pubblici erogati.

Anche l'Unione Europea, nel distribuire i fondi per i progetti di cui si fa promotrice, mette la comunicazione in un ruolo centrale, tanto da farne un criterio da cui non si può prescindere. I ricercatori devono, quindi, obbligatoriamente comunicare l'andamento, gli obiettivi e i risultati delle loro ricerche per poter continuare a usufruire dei fondi per il loro progetto.

Principalmente si tratta di una comunicazione verso l'esterno, cioè verso il pubblico generalista, attraverso iniziative come "La notte dei ricercatori", festival e conferenze divulgative. Ma anche, nel caso in cui il progetto di ricerca sia interconnesso con realtà aziendali e politiche, con tutti i vari attori coinvolti più o meno direttamente nella ricerca stessa.

Altro punto fondamentale della terza missione è anche lo scambio di conoscenza con il mondo dell'industria. Storicamente fedeli a un Modello Open Science in cui le università non detengono alcuna proprietà intellettuale, si è oggi passato a un modo di fare ricerca in cui le università conservano, proteggono e commercializzano i risultati delle loro ricerche (Modello di Licenza) fino ad arrivare al moderno modello in cui università e industria attuano una politica di attiva collaborazione (Modello di Innovazione). Gli atenei stessi hanno iniziato a gestirsi in modo simile a un'azienda, in cui la collaborazione con altre realtà, territoriali o internazionali, genera un profitto e quindi un ulteriore finanziamento per le proprie ricerche.

Anche l'Unione Europea ha dato un incentivo significativo tramite i Progetti Europei, con cui ripartire i finanziamenti verso quelle ricerche che sono in grado di generare benessere e progresso nella società e che rientrano in un programma più ampio di obiettivi che l'Unione si pone (come ad esempio Horizon 2020, il programma di finanziamenti per innovazione e ricerca attualmente in atto).

Pro e Contro

L'introduzione della terza missione nelle università e negli istituti di ricerca ha contribuito fortemente ad accrescere la consapevolezza scientifica dei cittadini, che sempre di più si ritrovano a dover interagire in prima persona con i ricavati della scienza e a prendere decisioni science-related. In particolare i nuovi media sembrano aver dato una spinta positiva aumentando la curiosità verso la scienza in un pubblico sempre più giovane.

Anche la comunità scientifica, seppur in misura minore, ha acquistato consapevolezza di come il proprio lavoro scientifico possa uscire dal laboratorio e avere un effettivo impatto sulla vita delle persone e sulla società. Sempre più ricercatori, in particolare giovani, si trovano a essere coinvolti in attività di comunicazione con il pubblico.

Dall'altro lato, però, una parte della comunità scientifica lamenta come l'implementazione della terza missione tolga tempo ed energie al lavoro di ricerca che dovrebbe essere l'obiettivo primario di uno scienziato. La scrittura di un progetto, la comunicazione con il pubblico o con i finanziatori, la partecipazione a festival ed eventi, sono attività che richiedono tempo e, oltretutto, capacità professionali che i ricercatori non sempre possiedono e non sono tenuti a possedere. Tuttavia carenze di questi aspetti possono compromettere, anche seriamente, la possibilità di ricevere finanziamenti anche da parte di atenei ed enti in cui si produce ottima ricerca e didattica di qualità.

Per quanto l'affermarsi sempre più alto di professionisti nella comunicazione scientifica che si occupano di questo aspetto in vece dei ricercatori, lo svantaggio in termini di tempo ed energie richiesti per portare avanti gli obiettivi della terza missione rimane, in particolare con gli attuali criteri di valutazione.

Un altro problema sollevato dalla comunità scientifica è l'appiattimento della ricerca che, vincolata a una logica industriale e di profitto, rischia di focalizzarsi unicamente su quei campi considerati più "meritevoli", lasciando indietro la ricerca di base o altre discipline meno di tendenza. La comunità scientifica, pur riconoscendo quindi i miglioramenti che la collaborazione con l'industria apporta alla società, teme di tradire la vocazione stessa della scienza, che dovrebbe essere mossa dalla curiosità e dal desiderio di sapere.

Nonostante i problemi che questo nuovo modo di fare ricerca scientifica si porta dietro, comunque non si può prescindere, in una società come la nostra, dal mantenere un vivo dialogo fra la scienza, le industrie e i cittadini.

 

Bibliografia

  • https://royalsociety.org/~/media/royal_society_content/policy/publications/1985/10700.pdf
  • https://www.anvur.it/attivita/temi/
  • https://www.scientificbulletin.upb.ro/rev_docs_arhiva/full3aa_408113.pdf
  • https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0040162520311100
  • https://link.springer.com/article/10.1007/s10961-015-9401-3#Sec2
  • https://ec.europa.eu/programmes/horizon2020/en/what-horizon-2020

 


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