sabato 30 dicembre 2017

Con tutte quelle bollicine



Non c'è capodanno, e in generale non c'è festa, senza che si stappi una bottiglia di un vino frizzante, che sia esso champagne francese o spumante italiano. 
Insomma, non esiste celebrazione che non veda come protagonista la nostra amata/odiata anidride carbonica.
Ma come si forma? Cosa trasforma il succo d'uva in frizzante vino delle feste?

La fermentazione

La fermentazione è un meccanismo metabolico usato da alcuni microrganismi per produrre energia da particolari molecole organiche (come i carboidrati ad esempio) in assenza di ossigeno. 
La fermentazione alcolica, in particolare, è utilizzata dai lieviti per scindere zuccheri complessi ed è usata da moltissimo tempo per produrre molti cibi, basti pensare che già gli antichi egizi e i sumeri la utilizzavano per la produzione di birra.


schema della fermentazione alcolica per chi mastica un po' di chimica

Quando si produce il vino entrano ingioco due diversi lieviti:
  • Apiculati: sono i primi ad agire e muoiono quando lo zucchero inizia a trasformarsi in alcol
  • Ellittici: sono più resistenti e portano a termine la fermentazione
La prima fermentazione, che dura dai 7 ai 10 giorni, è detta fermentazione tumultuosa, ed avviene in speciali vascheaperte, quindi l'anidride carbonica così prodotta si disperde nell'ambiente.

Metodo champenoise

Chiamato anche metodo classico è la seconda parte della fermentazione ed è quella che garantisce la formazione delle bollicine, in particolar modo per quanto riguarda la produzione del tradizionale champagne francese.
Questo metodo consiste nell'introdurre speciali lieviti direttamente nella bottiglia insieme al vino fermentato precedentemente. Le bottiglie sono tenute orizzontalmente, in assenza di umidità, vibrazioni e rumori e con luce molto scarsa (la luce potrebbe infatti ossidare il vino, per questo le bottiglie sono scure!).
In queste condizioni i lieviti agiscono trasformando gli zuccheri rimasti in anidride carbonica che, non potendo fuoriuscire, si discioglie nel liquido.
Più tempo si dedica a questa fermentazione, più lo champagne sarà di qualità, perché si fa in modo che tutti i lieviti agiscano completamentee poi muoiano, senza lasciare quindi residui di alcun tipo che possono alterarne le proprietà organolettiche, quali sapore e aromi.

Metodo Martinotti

Con questo metodo viene prodotta la maggior parte degli spumanti italiani e differisce dal metodo precedente per una maggiore facilità produttiva.

Il vino non viene imbottigliato subito, ma dopo essere stato filtrato viene trasferito in autoclavi, in cui sono successivamente aggiunti i lieviti, insieme agli zuccheri e ai sali minerali necessari perchè tali lieviti siano attivati.
Con questo metodo la fermentazione è molto rapida (circa 20 giorni) e per migliorarne la qualità lo spumante ottenuto è filtrato in condizioni iperariche (cioè sotto alta pressione) in modo da evitare perdite di anidride carbonica.
Successivamente si sottopone a condizioni di temperatura molto basse per favorire la precipitazione di acido tartarico, per poi essere nuovamente filtrato e, finalmente, imbottigliato.

L'acido tartarico si trova in molti frutti, fra cui l'uva, ed è usato per regolare l'acidità dei vini.




Insomma, che sia champagne o spumante, a un bel bicchiere di bollicine non si può mai rinunciare per festeggiare adeguatamente il nuovo anno. Perciò in alto i calici e tanti auguri!







Per approfondire:


  • www.agraria.org
  • www.chimica-online.it
  • www.winepoint.it

giovedì 21 dicembre 2017

Bianco Natale: la chimica della neve


Il Natale si avvicina e mentre siamo tutti impegnati con regali, panettoni e preparativi vari, anche il freddo è arrivato definitivamente e in moltissimi luoghi della Terra è caduta la neve.
Bellissima, silenziosa e bianca, è uno spettacolo fantastico e un piacere osservarla venire giù dal cielo, magari con una bella tazza di té e un buon libro. Ma cos'è esattamente la neve? Perché è bianca? Come si forma?



C'era una volta una nuvola

Tutti sanno che le nuvole non sono altro che milioni di goccioline d'acqua in sospensione nelle parti più alte dell'atmosfera, acqua che deriva da svariate fonti come fiumi, laghi, mari, ma non solo. Questo enorme nuvolone però non contiene solo ed unicamente acqua, ma anche minuscole particelle di polvere (il cosiddetto pulviscolo atmosferico), vapore e ghiaccio, tutti lì a scontrarsi fra loro.
Quando la temperatura è sufficientemente bassa, ecco che uno dei granelli di pulviscolo fa da nucleo di condensazione, cioè richiama su di sé tutte le goccioline di acqua e vapore, ingrandendosi sempre di più e solidificandosi in un cristallo di ghiaccio.
Dovete immaginare un enorme movimento caotico di gocce d'acqua che vanno da una parte all'altra, finché non vengono "catturate" e imprigionate in quello che sarà il futuro fiocco di neve. 
Man mano che la temperatura si abbassa ancora, questo movimento diventa sempre più lento, e infine ogni molecola d'acqua si trova bloccata al vertice di un tetraedro.
L'acqua (composta da Ossigeno in rosso e Idrogeno in blu) si dispone ai vertici di un tetraedro

La particolare forma delle molecole d'acqua (il cui angolo è di 109° allo stato solido e di 104.5° allo stato liquido) fa sì che i tetraedri si dispongano a formare una struttura esagonale tridimensionale composta da vari strati.
A questo punto tutto dipende dalle condizioni atmosferiche di temperatura e umidità che il fiocco di neve incontra nel suo viaggio dalla nuvola al suolo e che sono responsabili delle infinite varietà di forme che possiamo ammirare al microscopio e da cui nasce il detto secondo cui non esistono due fiocchi di neve uguali fra loro.


Naturalmente se, precipitando verso il suolo, il fiocco  incontra una pressione e una umidità maggiore, la struttura esagonale originaria sarà maggiormente modificata, diventando più aghiforme e più complessa, mentre se nel percorso le sollecitazioni atmosferiche sono limitate, anche le modifiche apportate all'esagono saranno poche e quindi sarà possibile vedere chiaramente la forma primigenia del fiocco di neve.

Una piccola curiosità: alcuni ricercatori inglesi sono riusciti a far crescere fiocchi di neve dalla forma pentagonale. Come hanno fatto? Su una superficie di Rame, a una temperatura di -173°C e in condizioni di vuoto.

Giochi di luce

Ora che la neve si è formata e sta cadendo dolcemente sulle nostre città, possiamo renderci conto di qualcosa che, pur essendo abbastanza ovvia, non è poi così immediata: se i cristalli di ghiaccio di cui la neve è formata sono trasparenti (come lo è l'acqua), perché la neve è bianca?

Il trucco sta tutto nel modo in cui la luce colpisce la superficie del manto nevoso e viene riflessa verso i nostri occhi.
Innanzitutto bisogna sapere che il bianco non è un colore vero e proprio, ma il risultato dell'insieme di tutti i colori dello spettro luminoso che, riflessi tutti insieme verso il nostro occhio, ci appaiono come bianco.
Un oggetto trasparente, invece, è quello che permette alla luce di attraversarlo, uscendo (più o meno deviata) dall'altra parte.
Nel caso di una superficie innevata, la luce passa attraverso ogni piccolo cristallo di neve e viene leggermente deviata da ognuno di essi, questo accade così tante volte che il risultato è che il raggio luminoso torna indietro da dove era venuto, con il risultato che guardandolo noi lo vediamo bianco e anche molto brillante, tanto da risultarne quasi accecati e da dover indossare gli occhiali da sole.

Strani nuovi mondi

Ok, la neve è bellissima sulla Terra, ma sugli altri pianeti può nevicare? 
Sembrerà incredibile, ma la risposta è sì.
Nel 2009 la sonda Phoenix ha rilevato precipitazioni nevose sulla superficie di Marte. Questo è possibile perché le nuvole marziane (che di giorno trattengono il calore del sole), di notte raggiungono temperature bassissime ed è quindi possibile la formazione di cristalli di ghiaccio. Purtroppo però queste nevicate non raggiungono mai il suolo ed evaporano prima.
Non solo il Pianeta Rosso, però, ma anche altri pianeti potrebbero avere, almeno in teoria, le condizioni adatte alla formazione di precipitazioni nevose. Inoltre molti scienziati ipotizzano che su Urano e Nettuno, a causa dell'atmosfera carica di metano, sia possibile, con l'aiuto dalle altissime pressioni, che Idrogeno e Carbonio si combinino dando vita a... piogge di diamanti!


Insomma, che la si osservi dalla finestra della nostra casa o attraverso i rilevatori di una sonda spaziale, la neve non perde nulla del suo fascino e continua a essere uno degli spettacoli più suggestivi dell'Universo. 
Specialmente a Natale!




Per approfondire:

  • https://www.newscientist.com/gallery/dn16715-pentagonal-ice/
  • http://edition.cnn.com/2017/08/23/world/martian-snow-diamond-rain/index.html
  • https://www.newscientist.com/gallery/dn16170-snowflakes/