giovedì 29 marzo 2018

Scienziati si diventa: le fonti

Benvenuti, cari lettori, alla seconda puntata di Scienziati si diventa, la rubrica in cui entreremo nei meccanismi che sono alla base del lavoro di ogni scienziato in qualsiasi ambito, dalla medicina alla fisica delle particelle e non solo.
Dopo aver parlaro del Metodo scientifico, punto di partenza della scienza moderna e Bibbia di chiunque si approcci a questo mondo, sia esso un ricercatore o un giornalista, veniamo a un argomento citato spesso e volentieri, soprattutto nell'ultimo periodo in cui i social network (ma anche la televisione) hanno dato voce a chiunque voglia esprimere un'opinione su un qualsiasi argomento di carattere scientifico: le Fonti.





Avrete sicuramente notato che anche in questo blog, alla fine di ogni articolo, vi è una sezione bibliografica, un "per approfondire", in cui sono riportate, appunto, le fonti da cui proviene ogni parola che viene scritta. 
Quando si parla di argomenti scientifici è importantissimo ricordare che quel che viene espresso non è un parere personale, o un'opinione come può esserlo l'apprezzamento per un determinato film, ma è un semplice riportare ciò che in quel determinato momento è ritenuto affidabile nella comunità scientifica. Il dibattito è perfettamente accettato, anzi, l'intera comunità scientifica è animata da un costante dibattito, in cui chiunque, anche il più giovane dei dottorandi, può controbattere e smentire la teoria di un premio Nobel, perchè non conta il nome che si porta, ma solo e unicamente i dati che si possono fornire.
Diventa, quindi, fondamentale nel barcamenarsi fra riviste divulgative più o meno famose, opinionisti dell'ultima ora e urlatori del web, scoprire qualcosa in più sulle fonti che, va ricordato ancora una volta, devono sempre essere riportate a sostegno di una qualsiasi affermazione.

Come si scrive un articolo scientifico

In genere, dopo aver portato avanti un esperimento, o meglio una ricerca scientifica (che è il risultato di molti esperimenti), si procede con lo scrivere un articolo da pubblicare su una qualche rivista del settore, di modo da rendere pubblica la propria scoperta o comunque il risultato conseguito che, ad esempio, può essere anche un risultato negativo!

Un articolo scientifico è più o meno costituito da una struttura fissa, standard, che permette quindi una consultazione più agevole:

  • Titolo: il titolo di un articolo è importantissimo perchè è il primo approccio all'articolo stesso e deve quindi far capire in modo chiaro al lettore di cosa si tratterà; di fatto, più che un titolo vero e proprio, è una sorta di intestazione in cui si specifica brevemente ma esaurientemente l'argomento trattato.

  • Autori: i nomi degli autori vengono riportati subito dopo il titolo e il loro ordine può essere alfabetico o, più frequentemente, per contributo, cioè viene riportato per primo il nome del ricercatore il cui contributo all'articolo è stato maggiore ed è quello che riveste più importanza, perchè nelle citazioni si usa riportare solo il primo nome seguito dalla sigla et al. 

  • Abstract: è un riassunto in cui vengono riportate, senza commento o osservazioni di sorta, tutti gli aspetti fondamentali del lavoro e deve rispettare un numero massimo di parole; l'abstract è fondamentale perchè di solito è l'unica parte dell'articolo liberamente fruibile e quella che ci si sofferma a leggere per capire se quel determinato articolo può essere utile o meno ai propri scopi. Subito sotto l'abstract si trova un elenco di parole chiave utili alla ricerca web o cartacea e la classificazione tematica in base alla disciplina a cui il lavoro appartiene.

  • Introduzione: un breve paragrafo in cui vengono illustrati gli scopi della ricerca, le conoscenze attuali in quel dato ambito e gli articoli precedenti da cui si è partiti per sviluppare il lavoro.

  • Materiali e Metodi: dove vengono elencati tutti i materiali utilizzati per portare avanti quella ricerca, gli strumenti, le procedure relative; ad esempio per una ricerca in ambito chimico verranno riportate le sostanze chimiche utilizzate, i solventi, le strumentazioni e i processi con i quali si sono ottenuti i reagenti e le formule matematiche usate per analizzare i dati. L'importanza di questa parte dell'articolo risiede nel metodo scientifico stesso (scientificità): riportare fedelmente materiali e metodi utilizzati permette a chiunque voglia farlo di poter riprodurre l'esperimento con le stesse condizioni di quelle dell'articolo (riproducibilità), ed eventualmente di confutare i risultati ottenuti dagli autori (confutazione scientifica).

  • Risultati e discussione: vengono qui riportati i risultati ottenuti, i dati raccolti, tutti i grafici e le misurazioni effettuate durante l'esperimento, e questi vengono discussi e interpretati sulla base delle ipotesi che si erano fatte prima di cominciare l'esperimento e su quanto ci si poteva aspettare e quello che, poi, si è ottenuto.

  • Conclusioni: viene qui effettuata una considerazione finale sul lavoro svolto, basandosi sui dati raccolti e sull'interpretazione che se ne è fatta nella discussione si giunge quindi a un epilogo esaustivo, basandosi anche sulle conoscenze pregresse, le evidenze sperimentali e le conoscenze generali in quella data disciplina.

  • Riferimenti: è la bibliografia, in cui vengono riportati tutti gli articoli e i testi che sono stati presi in considerazione durante la ricerca e durante la stesura del lavoro, vengono riportati anche i manuali dei programmi e degli strumenti utilizzati, passaggi matematici particolarmente complicati per essere riportati durante la discussione, conversioni di unità di misura o anche enti e persone che hanno contribuito non scientificamente alla stesura dell'articolo.

Peer Review: revisione alla cieca

Prima di essere pubblicato, un articolo viene sottoposto a una revisione detta cieca, che gioca un ruolo di primaria importanza all'interno della comunità scientifica ed è ancora oggi, nonostante non sia sempre perfetto, il metodo più valido per poter controllare la validità di una ricerca.

Questo metodo è attivo da più di trecento anni (si stima che fu The Philosophical Transactions of the Royal Society il primo testo a esservi sottoposto) ed è ancora la colonna portante di ogni processo di pubblicazione scientifica.
Consiste sostanzialmente, come dice il nome stesso, in una revisione dell'articolo effettuata da esperti del settore specifico di cui quell'articolo tratta. Essi non conoscono gli autori nè gli altri revisiori e allo stesso modo gli autori non sanno chi sono i revisori.

Processo di revisione


In realtà non sempre vi è questa anonimità reciproca e possiamo quindi distinguere tre diversi tipi di peer review:

  • Single blind review: i revisori sono anonimi, ma sono conosciuti gli autori 

  • Double blind review: sia i revisori che gli autori sono anonimi

  • Open review: sia i revisori che gli autori sono conosciuti

Durante il processo di revisione sono esaminati tutti i dati, i grafici, i metodi utilizzati, in modo da ridurre al minimo gli errori e prevenire l'uscita di articoli non corretti o, peggio, falsi.

Indici Bibliometrici


Ora sappiamo riconoscere un articolo scientifico e notare la differenza con un articolo qualsiasi di un giornale di divulgazione, sappiamo come viene scritto e in che modo si procede alla pubblicazione su una rivista scientifica. Ma come fare a capire se la fonte riportata  nel nostro periodico preferito è affidabile? Se possiamo fidarci di quanto viene detto oppure se dobbiamo diffidare?
In genere una prima avvisaglia sta nella quantità delle fonti riportate: un giornalista serio deve sempre riportare più fonti prima di affermare con sicurezza qualcosa, perchè non basta che quel tale dato sia scritto in un solo articolo scientifico, proprio perchè la peer rewiew non è perfetta e qualcosa può sempre sfuggire.

Un altro importantissimo aspetto da considerare, è la Bibliometria. Questa è un ambito di studio applicato alle varie discipline scientifiche che utilizza modelli matematici e statistici per analizzare la distribuzione delle pubblicazioni e il loro impatto all'interno della comunità scientifica. Il primo metodo, che è un metodo qualitativo, è proprio il peer review, ma accanto a questo vi è anche un secondo metodo, questa volta quantitativo, che permette di stimare a livello numerico l'impatto e l'importanza che una data rivista e un dato articolo hanno nella comunità scientifica.
Il cardine su cui si basa la bibliometria è l'Analisi Citazionale, cioè l'analisi delle citazioni nella produzione scientifica per stabilire connessioni fra vari lavori e vari ricercatori: è quindi l'esame delle frequenza con cui un certo lavoro viene citato all'interno di articoli e in generale all'interno di testi scientifici.

Possiamo distinguere due principali modelli di analisi citazionale:


  • Impact Factor (IF): è, una misura del numero di citazioni dei lavori pubblicati in una certa rivista rispetto al numero totale di lavori pubblicati dalla stessa rivista negli anni precedenti, sia a livello nazionale che internazionale. Pur essendo ancora oggi il modello più utilizzato, non è esente da alcune critiche, infatti non sempre un numero elevato di pubblicazioni è sinonimo di elevata qualità, ma in generale è un modello che riesce a essere abbastanza affidabile soprattutto per determinare l'importanza di una certa rivista. Un IF elevato, infatti, implica che un articolo, per poter essere pubblicato su quella rivista, debba avere caratteristiche particolari e la selezione sarà più ardua.



  • Indice di Hirsch (H-Index): proposto nel 2005 da Jorge E. Hirsch della University of California di San Diego, quantifica la prolificità e l'impatto del lavoro di un ricercatore in base al numero di pubblicazioni fatte e di citazioni ricevute e al contrario di quanto avviene con l'IF prescinde dal considerare un solo articolo di grande successo oppure una quantità molto alta di articoli di scarso interesse. Una sua variante è l' h-b-index (Hirsch-Banks Index) che sostituisce al nome dello scienziato uno specifico argomento o composto.


Esistono inoltre altri modelli meno diffusi, come l'Eigenfactor (EI) che tiene conto dei diversi standard di citazione tra una disciplina e l'altra, oppure il Publish or Perish (PoP) che consente di calcolare indici bibliometrici di uno specifico autore.



L'IF è al momento l'indice di riferimento quando si parla di classificazione delle riviste scientifiche, ne va una sorta di classifica per importanza. Naturalmente sarebbe sbagliato considerare l'IF come la Legge o la Verità assoluta, anche perchè quantità e qualità sappiamo non andare sempre d'accordo, ma in generale meglio un articolo comparso su Nature che quello del giornalino della scuola che nessuno ha controllato.





Per approfondire:

  • https://www.elsevier.com/reviewers/what-is-peer-review
  • http://bibliotecadigitale.cab.unipd.it/bd/per_chi_pubblica/archivio/indicatori-bibliometrici
  • http://www.anvur.org/index.php?option=com_content&view=article&id=254&Itemid=623&lang=it
  • Garfield, Eugene. "Journal impact factor: a brief review." Canadian Medical Association Journal 161.8 (1999): 979-980.
  • Bornmann, Lutz, Rüdiger Mutz, and Hans‐Dieter Daniel. "Are there better indices for evaluation purposes than the h index? A comparison of nine different variants of the h index using data from biomedicine." Journal of the Association for Information Science and Technology 59.5 (2008): 830-837.
  • https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fnhum.2018.00037/full

mercoledì 14 marzo 2018

Pi Greco: 10 curiosità sulla costante matematica più amata (e odiata) del mondo


Per gli appassionati di matematica il 14 Marzo non è un giorno come gli altri. Si celebra infatti il Pi Day, dalla consuetudine anglosassone di scrivere prima il mese (3) e poi il giorno (14).
In questa giorata fisici, matematici, appassionati di scienza, rendono omaggio alla costante più importante fra tutte cercando, con iniziative ed eventi, di avvicinare soprattutto i giovani a una disciplina molto spesso temuta come la matematica.

1. Cos'è il Pi Greco? 

Il Pi greco, indicato con la lettera greca π, è una costante matematica importantissima ed è definita come il rapporto fra la circonferenza e il diametro di un cerchio.
Viene chiamata anche Costante di Archimede perchè fu lui il primo a calcolarla utilizzando poligoni (fino a 96 lati) inscritti all'interno di circonferenze, calcolando infine l'approssimazione necessaria.

2. Un'infinità di numeri decimali

La maggior parte di noi sa che il Pi greco vale 3.14, ma in realtà nel corso dei secoli sono stati calcolati sempre nuovi numeri decimali.
Newton calcolò le prime 16 cifre decimali e infine i computer arrivarono a contarne fino a 5 miliardi, finchè nel 2013 si arrivò fino a 12 miliardi.
3,14 159 26535 89793 23846 26433 83279 50288 41971... praticamete un numero infinito di cifre.

3. Non solo Archimede

Non fu Archimede il primo a tentare di calcolare il Pi greco. Prima di lui ci provarono i Babilonesi che lo calcolarono valere 3.125, poi gli antichi egizi per cui valeva 3.1605 e i cinesi che calcolarono valesse 3.

4. Il Pi greco è ovunque

Sapete quant'è il calcolo fra la lunghezza di un fiume sulla distanza sorgente-foce in linea d'aria?
Naturalmente Pi greco.
Ma non solo. Anche nelle eliche del DNA, nelle pupille, nei cerchi concentrici che si formano quando si getta un sasso nell'acqua, e in moltissime altre figure in natura si può ritrovare questa costante.

5. Il caso O.J.Simpson

Durante il famoso caso giudiziario che vide coinvolta la star del football americano OJ Simpson fu proprio il pi greco a giocare un ruolo fondamentale: un agente non lo prese in considerazione, sbagliando a calcolare l'area di una goccia di sangue usata per identificare il DNA dell'assassino, pertanto le prove non furono convalidate e OJ fu scagionato.

6. La legge dell'Indiana sul Pi greco

Nello stato dell'Indiana si lavorò per molto tempo a un progetto di legge che prevedeva l'assegnazione del valore del pi greco come pari a 3.23.
Il disegno di legge fu redatto dal fisico e matematico dilettante Edward (o Edwin) J. Goodwin che lo presentò alla camera dei deputati dove fu votato all'unanimità. Alla fine però affondò quando fu mostrato al matematico Clarence Abiathar Waldo per il passaggio al senato.

7. Un numero musicale

La cantante pop Kate Bush ha dedicato un intero brano, intitolato proprio Pi, a questa costante, in cui si parla di un matematico ossessionato dalla ricerca delle infinite cifre decimali.



8.  π – Il teorema del delirio

Non solo musica, ma anche grande cinema. Il regista Darren Aronofsky ha infatti dedicato questo film a questo affascinante numero. L'eccentrico e geniale matematico Maximillian Cohen scopre studiando il mercato azionario una relazione fra la teoria del caos e il pi greco, questo lo porterà a essere bersaglio di uno spietato investitore e di un prete ebreo ortodosso che sa che Cohen ha trovato la stringa che codifica il vero nome di JHWH, perduto fin dai tempi della distruzione del tempio di Gerusalemme.

9. Crostata per festeggiare

Il simbolo dei festeggiamenti del Pi Day è la crostata (pie in inglese), fin da quando nel 1988, primo Pi Day in assoluto, un gruppo di manifestanti composto da gente comune e dipendenti dell'Exploratorium di San Francisco marciarono intorno a un edificio di forma circolare per poi dirigersi verso un'enorme crostata preparata per l'occasione.


10. Il compleanno di Einstein

Per pura coincidenza, infine, Albert Enstein è nato proprio il 14 marzo. Il pi greco è una costante di fondamentale importanza in fisica, ed è presente in moltissime fra le formule più utili e rivoluzionarie di questa scienza.



giovedì 8 marzo 2018

Cinque donne di scienza che hanno cambiato il mondo

Oggi è 8 Marzo ed è la Giornata Internazionale della Donna.
Mentre c'è chi si limita a regalare mimose alle proprie amiche, molti altri invece dibattono su temi ancora troppo attuali come il femminicidio, la disparità di salari, la condizione ancora di sottomissione della donna in moltissime parti del mondo.
Qui, su Del Carbonio e Altre Storie voglio ricordare invece che, nonostante ci sia ancora molto da fare, le donne hanno da sempre e oggi più che mai dato un contributo importante alla scienza.

Ipazia

Vissuta ad Alessandria d'Egitto fra il 350 e il 415 d.C. Ipàzia è stata una matematica e filosofa greca, da molti ritenuta una vera e propria martire del libero pensiero.
Fin da bambina fu istruita dal padre nella matematica e nell'astronimia, diventando ben presto più brillante ed erudita del suo maestro, fino a divenire, già dal 393, capo della scuola filosofica Alessandrina.
Purtroppo non ci sono giunti suoi scritti e tutto ciò che sappiamo di lei deriva da quanto scritto dal suo più fedele allievo, Sinesio, e da filosofi suoi posteriori come Socrate Scolastico che di lei dice:  «era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico».
Fu così rispettata che il suo potere divenne anche in un certo senso politico e ben presto il suo insegnare pubblicamente nelle piazze una filosofia e una astronomia di chiara deriva ellenica, cioè pagana, divennero motivo di scontro fra i filosofi della scuola alessandrina, fra cui proprio Ipazia, e la Chiesa Cristiana che si era insediata ad Alessandria e che portava avanti un'opera di distruzione di qualsivoglia forma di paganesimo.
La vicenda culminò con l'omicidio della donna ad opera di un gruppo di cristiani. 
La figura di Ipazia è però così radicata nel pensiero comune che ancora oggi sono decine i romanzi, i film, i dipinti, ispirati a lei.


Elena Lucrezia Corner Piscopia

Quinta figlia di uno degli esponenti delle più importanti famiglie Veneziane nel 1600.
Spronata dal padre, che accortosi delle doti di sua figlia intendeva portare ancora più lustro alla famiglia, Elena crebbe in un ambiente in cui la fisica era di casa (il suo bisnonno era stato amico di Galileo Galilei) e in giovane età si fece oblata benedettina, in modo da poter unire la sua vocazione religiosa con la volontà di proseguire gli studi.
Dopo che ebbe tenuto una disputa pubblica di filosofia in latio e in greco, suo padre chiese che Elena venisse iscritta alla facoltà di Teologia, ma il Vescovo di Padova si oppose fermamente, ritenendo oltraggioso che una donna si desse a questo tipo di studi.
Ne scaturì una disputa che si risolse con il compromesso: una laurea in filosofia.
Nonostante le fosse proibito esercitare l'insegnamento, Elena fu la prima donna ad ottenere un dottorato nella storia, il 25 giugno 1678.
Morì a soli 38 anni, ma ilsuo fu un contributo fondamentale alla storia delle donne nella scienza.


Maria Skłodowska 

Meglio nota come Marie Curie fu la prima donna a ricevere un premio Nobel per la sua attività scientifica e l'unica donna a riceverne due e la prima donna a ottenere una cattedra alla Sorbona.
Grande memoria, capacità di concentrazione e una sete di sapere inesauribile, Maria è la beniamina dei suoi insegnanti e si laurea in fisica e matematica alla Sorbona di Parigi.
Insieme a suo marito Pierre Curie, si occupa degli studi sulla radioattività nel 1903, mentre ne riceverà un altro, questa volta da sola, in chimica grazie alla scoperta di due nuovi elementi, il Radio e il Polonio., nel 1911.
Sicuramente quando siparla di donne che hanno cambiato il corso della scienza, Marie Curie è una delle prime a venire in mente, il suo contributo è stato importantissimo in un periodo in cui le donne iniziavano a combattere per i propri diritti e per poter avere le stesse possibilità e opportunità degli uomini.
Marie ha dimostrato che le donne e gli uomini possono collaborare per ottenere grandi risultati, ma soprattutto che le donne possono fare grandi cose grazie solamente alla propria intelligenza e al duro lavoro.

Dorothy Crowfoot Hodgkin

Premio Nobel per la chimica nel 1964, Dorothy è stata una pioniera negli studi sulla cristallografia a raggi X, una tecnica utilizzata poer ottenere la struttura tridimensionale di molecole.
Nel 1934 per la prima volta, assieme al suo supervisore, riesce a fotografare alcuni cristalli di pepsina, un enzima che si trova nei succhi gastrici, dimostrando le enormi potenzialità dei raggi X applicati alle molecole biologiche.
Andando contro l'etichetta, dopo essersi sposata, continua a firmare i suoi lavori con ilsuo cognome da nubile e, pur malata di artrite reumatoide, prosegue i suoi studi sulle molecole biologiche, dall'insulina al colesterolo, dalla vitamina B12 alla penicillina.
In particolare i cristalli di insulina erano troppo complicatiper essere analizzaticon gli strumenti dell'epoca, quindi Dorothy perfezionò lei stessa la tecnica dei raggi X per decenni, fino a ottenere la struttura dell'insulina nel 1969, nel trentacinque anni dopo il primo tentativo.
Dopo aver ottenuto il premio Nobel, ottiene anche la Medaglia dell'Ordine al Merito del Regno Unito, seconda donna nella storia e prima scienziata.

Rita Levi Montalcini

Una delle più grandi donne del nostro tempo, premio Nobel per la medicina, unica donna italiana ad aver vinto questo premio nella scienza, senatrice a vita della Repubblica Italiana.
Si è occupata per tutta la vita di neuroscienze ed è proprio grazie alla scoperta nella proteina NGF, che le è valso il Nobel (insieme al suo collaboratore  Stanley Cohen) se questo ambito assume sempre maggiore importanza nelle scienze naturali.
Ha lavorato per lo più negli Stati Uniti, ma ha fatto molto per l'Italia: crea a Roma un centro di ricerca sul NGF, fonda e dirige l'Istituto di Biologia Cellulare presso il CNR, fonda l’EBRI (European Brain Research Institute) sempre a Roma, fonda la sezione italiana della Green Cross International, riconosciuta dalle Nazioni Unite, e scrive ancheun libro per ragazzi intitolato "Le tue antenate" in cui parla proprio di donne pioniere nella scienza, che hanno dovuto lottare per entrare nei laboratori e per veder riconosciute le loro scoperte. Sicuramente una dei più fulgidi esempi di donne scienziate dei giorni nostri.

venerdì 2 marzo 2018

Un atomo pieno di atomi




Cosa c'è dentro un atomo? Di solito niente, ma questa risposta non deve essere piaciuta ai ricercatori delle Università di Vienna e di Harvard che hanno pensato bene di creare un atomo così grande da poter essere riempito con altri atomi.

L'Atomo di Rydberg


Immaginiamo l'atomo come una sorta di piccolo (piccolissimo) sistema solare in cui al centro al posto del sole vi è un nucleo formato da neutroni (particelle neutre) e protoni (particelle di carica positiva) e al posto dei pianeti che vi orbitano intorno ci sono gli elettroni (particelle negative). 
Naturalmente la realtà è molto più complicaa di così e richiede complessi calcoli matematici, ma per molte cose questa semplificazione è ancora oggi efficace.
Ad ogni orbita corrisponde un numero da 1 a infinito, chiamato numero quantico la cui importanza è fondamentale poichè ci fornisce informazioni specifiche sull'energia e la forma di un determinato atomo e un determinato elettrone.
Quando si fornisce una certa quantità di energia a un atomo, l'elettrone salta da un livello (cioè un'orbita) a un'altro superiore, con un numero quantico più alto, e questo atomo si dice perciò eccitato.
Normalmente i salti che un elettrone può compiere non sono particolarmente lunghi, ma utilizzando particolari tecniche e solo in alcune condizioni, gli scienziati sono riusciti a creare un atomo eccitato con un numero quantico principale molto alto, tanto che l'elettrone si trova ad orbitare anche a molte centinaia nanometri di distanza dal nucleo, cioè più di mille volte superiore al raggio di un atomo di Idrogeno.
A questo "super atomo" è stato dato il nome di Atomo di Rydberg, in onore del fisico che per primo ha descritto le lunghezze d'onda degli spettri luminosi dell'Idrogeno.

Il condensato di Bose-Einstein: un'altro stato della materia

Nella meccanica quantistica le particelle piccolissime come gli atomi sono definite anche come onde e queste onde (chiamate armoniche sferiche) possono avere una forma diversa a seconda dell'energia dell'atomo, che è continuamente in vibrazione. A temperature più alte la vibrazione e quindi l'energia dell'atomo sarà maggiore che a basse temperature.
Si prenda ora per esempio l'isotopo 23 del Sodio (cioè un atomo di Sodio con 23 neutroni) che è un isotopo bosonico, e per questo motivo gli atomi di Sodio possono avere tutti la stessa energia e la stessa funzione d'onda che li descrive, cosa che in altre condizioni sarebbe impossibile.
Il Sodio viene riscaldato fino a diventare un gas e fatto passare attraverso un foro minuscolo, fino a raggiungere la temperatura di 9000 Kelvin (più di 8700°C). Gli atomi di sodio così caldi si muovono a una velocità altissima, circa 1000 metri al secondo, e si trovano a un'energia elevatissima tanto che vanno raffreddati. Per fare questo si usano dei laser che, grazie a una serie di processi, riescono a raffreddare gli atomi di Sodio fino a una temperatura di 0.0000024 Kelvin.
A questo punto, questi atomi vengono intrappolati all'interno di un campo magnetico, in cui si avranno gli atomi più caldi in alto e quelli più freddi in basso. Passo dopo passo questa trappola magnetica raffredda ulteriormente gli atomi fino alla temperatura più bassa che è possibile raggiungere in un laboratorio, ovvero  0.000000001 Kelvin (la temperatura di 0 Kelvin, detta zero assoluto, è impossibile da raggiungere).
A temperature così basse quasi il 100% degli atomi di Sodio esistono allo stato fondamentale, cioè al livello più basso di energia possibile per un atomo e questo è possibile per il sodio proprio perchè è un atomo bosonico, come si diceva all'inizio.
Il condensato di Bose-Einstein è proprio questo stato in cui tutti gli atomi sono al livello più basso di energia ed è considerato uno stato della materia vero e proprio, esattamente come lo stato solido, liquido e gassoso.

Polarone di Rydberg: un atomo che mangia tutti gli altri

Ora, sia gli atomi di Rydberg che i condensati di Bose-Einstein sono concetti ben radicati nella fisica moderna, perciò gli scienziati hanno deciso di unirli.


In questo esperimento hanno creato un condensato di BE usando atomi di Stronzio, quindi, con un laser, ne hanno eccitato uno per creare un Atomo di Rydberg.
Il risultato è stato quello di avere un elettrone che orbita intorno a se stesso e a migliaia di altri atomi di Stronzio, inglobati in questa sorta di super atomo gigantesco che hanno chiamato Polarone di Rydberg. La cosa interessante è che poichè gli atomi non hanno carica elettrica, esercitano solo una forza minima sull'elettrone e quindi non ne distruggono l'orbita, perciò l'energia globale di tutto il sistema è minore di quella che si avrebbe se gli atomi di Stronzio non fossero intrappolati, ed il legame fra l'Atomo di Rydberg gigante e gli atomi all'interno è permesso.
Questa situazione è possibile però solo a temperature vicine allo zero assoluto, perchè a temperature più alte l'energia degli atomi è maggiore e il legame si rompe, distruggendo il polarone.
Anche questa particolare struttura è un nuovo stato della materia, chiamato stato esotico.

Potrebbe sembrare solo un giochino dei fisici, ma in realtà è una ricerca estremamente importante che permetterà di studiare la fisica degli atomi ultrafreddi, scoprire nuove proprietà della materia e, chissà , a portare anche a nuove applicazioni pratiche che potrebbero rivoluzionare la nostra vita di tutti i giorni. Basta solo aspettare e vedere.





Bibliografia:

  • https://www.nature.com/articles/nature12592
  • https://www.tuwien.ac.at/en/news/news_detail/article/125643/
  • https://steemit.com/steemstem/@physics.benjamin/the-coldest-place-in-the-universe-is-in-our-physics-laboratories-the-bose-einstein-condensate